domenica 25 novembre 2012

L’espressione dell’energia

Ospito con il consueto piacere l'ultimo articolo dell'amico Fabio Rossetti, che ringrazio, come sempre, per gli spunti che ci regala per riflettere. Buona lettura!

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L’arte marziale nelle sue forme insegna a veicolare energia, vale a dire muoverla nel senso yin e yang (ricevere, far circolare, trasmettere). La parola “energia” riguarda, nella dicitura specifica cinese, le manifestazioni dello jing, del qi e dello shen e dei loro poteri, cioè le caratteristiche energetiche di questi “campi”: il Li, forza, il Qi, energia, lo Yi, intenzione. “Energia”, quindi, in vari sensi e sfumature; si usa la parola “manifestazioni”,” espressioni”, poiché i cinesi parlano di un’unica energia che si manifesta in vari modi in base a precise caratteristiche e funzioni che assume. 

 Per essere efficaci in combattimento occorre praticare per essere in grado di esprimere forza, energia ed intenzione nello stesso tempo. Per esempio: sul piano prettamente fisico, quindi del Li, chi sa trasmettere energia non pensa alla durezza della superficie da colpire, quanto a trasferire energia cinetica all’interno, che, propagandosi, genera una vibrazione distruttiva. L’acqua che forma il nostro corpo espande e trasmette questa vibrazione, come un'onda. 

 L’energia quando penetra è micidiale, da ciò scaturisce il principio del non farsi colpire, diventando dei bersagli difficili da centrare oppure, se colpiti, si impara a scaricarla velocemente a terra o nell’aria attraverso varie modalità, oppure si deflette, disperdendola. L’effetto squilibrante (distruttivo) si realizza quando si raggiunge con la pratica una capacità di trasferire energia cinetica in maniera sufficiente. 

Una persona che pratica arti marziali deve avere comunque una struttura solida, insieme alla sua fluidità, che gli viene dallo scorrere dell’energia nei vari sensi sopra riportati, dalle sue abilità tecniche in chiave operativa, dalla sua comprensione sintetica, pratica ed intuitiva dei principi marziali: l’unione dello yin con lo yang come nel simbolo del Tao

Molte risposte a ciò si trovano nei principi, basta studiarli per bene e praticarli. Ad esempio quando spesso, sia sportivamente che per strada, due si “gonfiano come zampogne”, in realtà non si fanno danni rilevanti, tranne qualche raro caso fortuito, proprio perché si è incapaci di trasmettere energia nel vero senso della parola. Nei movimenti si disperde e si blocca energia a quantità abnormi, arrivando i colpi ad energie minime, anche perché inconsciamente i colpi sono frenati. 

Allora botte per svariato tempo, tagli, sbucciature, un dente scheggiato, qualche doloretto, ma quando uno solo dei colpi sferrati assume per un attimo la caratteristica reale di un vero colpo, sia come forza, sia come energia, sia come intenzione, l’effetto è devastante, ovunque si sia colpiti. Nel combattimento non interessa rompere o dimostrare, quanto evitare oppure neutralizzare, in tutti i suoi significati. Quindi ci serve equilibrio nelle forme e nei metodi di pratica, studiati e raffinati in modo tale che con un esercizio si praticano contemporaneamente vari aspetti, in modo chiaramente progressivo, facendo sì che la pratica abbia un senso. 

 Fabio Rossetti

sabato 10 novembre 2012

Il Drago nella Tradizione Cinese

I miei giovanissimi Allievi mi hanno chiesto il motivo per cui il nostro saluto complesso parta da sinistra e vada verso destra. A questo punto traggo ispirazione per spiegare a tutti la prima parte del rito. Sì, avete letto bene, rito. Nella Tradizione cinese, così come in tutto l'Estremo Oriente, l'atto del salutare è ricco di contenuti, di gestualità e, soprattutto, di riferimenti allegorici.

Partire da sinistra vien motivato col fatto che si saluta il Drago Verde, ma andiamo per gradi. Il Drago (Long; Luhng in Cantonese) - 龍 [lóng] -  è l'unico animale mitologico dell'oroscopo cinese. Si tratta di uno dei simboli più venerati e presenti nel sostrato culturale cinese, ma le sue origini restano tutt'ora avvolte nel mistero. Si tratta di una creatura mitologica molto differente dal tipo di drago dell'immaginario occidentale.

La sua comparsa in Cina è molto precoce, se stiamo alle attestazioni presenti nel villaggio neolitico di Xinglongwa (Mongolia Interna), dove fu rinvenuto un mosaico di “drago dalla testa di maiale” (猪首龙 [zhūshǒulóng]), risalente a circa 8.000 anni fa. Si tratta della più antica immagine di drago cinese finora scoperta.   

Il drago è generalmente un simbolo benevolo di potere, saggezza, forza vitale fertilità legato al clima, all'acqua e ancora più specificamente alla pioggia, considerato propriamente colui il quale la porta; numerose sono infatti le immagini di draghi tra le nuvole. Insieme a Tartaruga, Fenice e Unicorno rappresenta uno dei quattro animali benevoli, con poteri magici che gli permettono di mimetizzarsi, mutar forma e dimensione, da piccolo come un baco di seta può crescere illimitatamente; vola nei cieli, vive nelle acque profonde e nelle viscere della Terra.   

Il Drago Verde è uno dei quattro animali araldici del Feng Shui (风水 [fēngshuǐ]) e protegge la direzione Est. Non è un caso, infatti, che il saluto parta proprio dalla parte sinistra. Nell'antica astronomia cinese, una delle cinque principali costellazioni celesti era chiamata proprio del Drago Verde di Primavera. La sua comparsa segnava l'inizio delle piogge rigeneratrici di primavera.

Il Drago orientale (comune in Cina, Giappone e Corea) è spesso descritto in questo modo: ha il corpo di serpente, le scaglie e la coda di pesce, le corna di cervo, il muso di un Quilin (in giapponese Kirin, una creatura mitologica orientale, identificata secondo alcuni con la giraffa e secondo altri con l'unicorno) con quattro lunghi baffi, due coppie di artigli d'aquila o di falco, zampe di tigre e orecchie di bue,  occhi come quelli di un demone. I draghi cinesi hanno cinque dita per ogni piede (a differenza dei draghi coreani che ne hanno quattro e di quelli giapponesi che ne hanno solo tre). Una leggenda narra che i draghi (originari della Cina), ogni volta che si allontanavano dalla patria perdevano un dito e, quindi, alla fine decisero di fermarsi in Giappone, altrimenti sarebbero rimasti senza dita.

Il colore stabilisce la sua anzianità: il colore del drago più giovane, cioè che ha meno di 100 anni, è il nero ed è un drago che porta solo gli ordini dei suoi superiori. Il successivo è blu e svolge il compito di messaggero degli dei, insieme alla tartaruga, la fenice e la tigre bianca. Il drago verde ha più di 100 anni e appare come buon auspicio, porta vento e pioggia. Poi ci sono i draghi rossi, marroni e viola. Dopo 700 anni il drago diventa bianco e viene considerato un dio. A 1000 anni diventa d'oro e chi indossa un tatuaggio con il drago d'oro è una persona che si suppone abbia il suo potere e raggiunga l'immortalità. Il Drago per antonomasia, nella Cina antica, era considerato l'Imperatore. A lui era riservato il “trono del drago” e solo lui poteva vestire abiti decorati con nove draghi, solo otto visibili all'esterno, mentre uno era ricamato nella parte interna, ovviamente quello dorato.

Il drago riveste una simbologia supplementare quando si eleva e fenice che plana. Questa è una Tradizione usata per definire un letterato di grande sapere. La coppia drago/fenice indica anche prosperità, nell'espressione "splendore di drago e bellezza di fenice". Le figure simboliche di un ragazzo che cavalca un drago e di una ragazza che cavalca una fenice riportano alla leggenda della coppia perfetta. 

martedì 6 novembre 2012

I concetti di Tsin Si (纏撕)

Studiare la parte armata del nostro sistema mi ha spesso aiutato a comprendere meglio quella disarmata. Sicuramente il combattimento armato in sé e per sé è molto formativo e l'utilizzo delle nostre armi tradizionali è funzionale allo scontro con spade, coltelli, bastoni, etc. Molto probabilmente è proprio grazie alle armi che oggi abbiamo un sistema di combattimento così efficace, eppure è altrettanto chiaro che se non ci si confronta armi in pugno non si capisce quanto queste siano funzionali al lavoro disarmato.

In merito all'utilizzo della nostra arma più lunga, il bastone, abbiamo i cosiddetti Luk Dim Bun - 六点半 [liùdiǎnbàn] -, i Sei Punti e Mezzo, cioè un insieme di principi e concetti cardine che regolano l'utilizzo dell'arma, il suo senso profondo. Nel sistema Leung Ting questi coincidono con semplici sette tecniche, mentre nella mia Scuola si utilizzano i principi ed i concetti provenienti dalla Famiglia Tang, cui siamo grati per aver diffuso le conoscenze relative a questo fantastico strumento.

Dei concetti presenti, vorrei soffermarmi su due di quelli che ritengo particolarmente formativi dal punto di vista marziale a mani nude, Tsin Si (纏撕), cioè legare e strappare. 纏 [chán] significa propriamente legare e viene formato da 糸 [sī], la seta, e dall'uso fonetico di 廛 [chán]. 撕 [sī] significa strappare e nasce da 手 [shǒu] e dall'utilizzo fonetico di 斯 [sī].

Ora, letti così, potrebbero pure non aiutare il lettore a capire di cosa si stia parlando. Eppure questa coppia di concetti è un faro nelle fasi più confuse del combattimento, sia dal punto di vista della parte percussiva, sia da quella lottatoria. Nella parte percussiva è utile per far capire all'Allievo che non esiste alcun attacco che sia propriamente dritto, ma tutti i movimenti sono circolari. Non solo, dopo un cerchio c'è sempre uno strappo, cioè un impulso d'energia che rompa l'eventuale azione avversaria.

Dal punto di vista lottatorio, invece, lo ritroviamo in tutte le tecniche, soprattutto nella fase del Chi Sau, quando lavoriamo proprio per legare le articolazioni dell'avversario, prima di strapparle...questo costituisce un punto nodale e qualitativo che contraddistingue gli esercizi che si praticano nella mia Scuola, perché sono tutti tesi a bloccare e ingaggiare i muscoli dell'altro, per poterne utilizzare la forza e rompere eventuali equilibri statici.

Tra l'altro Tsin (纏) è il mezzo punto, che sta vicino a tutti gli altri, formando ben il 50% dell'intero sistema concettuale, essendo il movimento ellittico che guida l'azione, tanto per farvi capire quale sia la portata di questi concetti.

L'importanza del 撕 [sī] è anche relativa all'intenzione che mettiamo nell'utilizzo dell'arma così come quella che mettiamo nell'utilizzo delle mani nude. L'elemento più importante del Luk Dim Bun è il pollice della mano anteriore. Il pollice si allinea con il palo e questo dà la direzione allo stesso, in modo similare a quello che fanno le dita nel combattimento a mani nude. A parte il fatto esclusivamente tecnico, per cui l'impugnatura permetterà di evitare un danno grave alla mano in caso di un attacco andato a segno da parte dell'avversario, bisogna ricordare che uno degli obbiettivi di questo benedetto Si è proprio quello di rompere le dita, nel lavoro armato, o "bucare" l'avversario, nel confronto disarmato.

Una cosa molto interessante riguarda il concetto di legare e strappare, che ritroviamo sotto altre spoglie all'interno dell'Hek Ki Boen! Durante il lavoro del Niam Jiu, andiamo ad avvolgere il compagno di lavoro, prima di rilasciare la nostra energia, andando a percorrere la stessa strada del Wing Chun cantonese...è fantastico ritrovare gli stessi concetti in Famiglie così apparentemente diverse!

sabato 3 novembre 2012

丁步 - Ding Bou

Alcuni praticanti di Wing Chun tengono molto a differenziarsi dal resto della più grande comunità del Kung Fu o del Wu Shu, guardando con un ghigno alquanto sciocco posizioni, movimenti e tecniche che non vengono capiti a prima vista. Una di queste posizioni è la 丁步 - Ding Bou -, spesso poco considerata o, peggio, vista solo come fase di passaggio. 

Ad occhi inesperti la posizione potrebbe sembrare estranea al nostro bagaglio tecnico, eppure la ritroviamo ad ogni piè sospinto durante il lavoro di gambe, soprattutto quando di fronte a noi c'è un buon combattente che utilizza i calci in modo particolare. Ogni volta che ci muoviamo copriamo sia l'avanzata che la ritirata e, in entrambe i casi, c'è un passaggio abbastanza chiaro in Ding Bou, che è necessaria per difendere in modo molto serio la linea verticale mediana, all'altezza dell'area genitale e via via a scendere, fino ai piedi.

丁 [dīng], lo sappiamo, rappresenta il chiodo e l'idea stessa di "inchiodare". Cosa fa, quindi, il movimento di gambe (步 [bù])? Inchioda l'eventuale attacco avversario al centro, proprio di fronte all'area genitale, difendendo nel modo a noi più congeniale, attaccando! La cosa importante è imparare a trasferire energia all'altro senza particolare dispendio energetico: qui sta tutto il senso del Faat Ginhg, senza il quale si rischia solo di eseguire una posizione statica, prima di senso.

Tra l'altro questo tipo di movimento sta alla base di parecchi tipi di passi, perché viene allenato in modo tale da permettere al praticante di prendere angoli, difendersi dai calci e colpire in tutta sicurezza. Nel lineage Leung Ting, per esempio, si trova all'interno della forma Cham Kiu, dove viene allenato per permettere al praticante di calciare indietro in tutta sicurezza, prima di cambiare fronte a 180°.